Abito dunque sono: Armand Schulthess, il selvatico utopista ticinese
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2038-6184/9686Parole chiave:
Armand Schulthess, Harald Szeemann, scarto, memoria, utopiaAbstract
L’articolo parla della mostra di Armand Schulthess con cui l’autrice intese inaugurare il MAImuseo di Sospiro. Dopo quella mostra l’opera del bizzarro genio utopistico ticinese è stata risistemata nella sede espositiva che le destinò Harald Szeemann, a Monte Verità. Si parla di utopia dunque, ma anche di distruzione ed eliminazione crudele delle sue tracce; si parla soprattutto del “rogo”, forma distruttiva simbolica e crudelissima, che non ha mai interrotto la sua missione assassina al servizio del potere. Per dimostrare tutto ciò l’autrice paragona e accosta fatti vecchi e nuovi, molti dei quali sono ancora conficcati saldamente nella nostra memoria. Poi naturalmente si analizza il valore dello “scarto” e della sua disseminazione escrementizia nel paesaggio, che Schulthess riscatta riportandolo alla dignità di “cosa”; si analizza il valore della parola e della sua funzione comunicativa utilizzata da Schulthess in modo “quadrimensionale” e quasi duchampiano; ci si interroga sul destino di questo tipo di opere e di installazioni e si conclude aprendo uno spiraglio alla speranza.
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