Psicastenia e privatopia in tre storie del disastro urbano di James G. Ballard
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2038-6184/10118Parole chiave:
James G. Ballard, psicastenia, privatopia, Roger Caillois, mimetismoAbstract
Nei romanzi L’isola di cemento, Il condominio e nel racconto La città definitiva, J. G. Ballard mette in forma narrativa quella che il filosofo Roger Caillois negli anni Trenta definì psicastenia, cioè una patologia nervosa definibile come la estremizzazione di un meccanismo di difesa attuato da chi non riesce a reagire agli stimoli ambientali. Il concetto, diverso da quello inteso in psichiatria, è stato ripreso alla fine del ventesimo secolo dai sociologi e dagli studiosi dei contesti urbani nel senso che vi dava Caillois.
Scopo di questo articolo è mostrare come il passaggio dall’utopia delle urbanizzazioni regolari delle periferie (privatopia) della prima metà del ventesimo secolo, alla distopia dei contesti urbani psicastenici della seconda metà descritto da Ballard, provochi nei protagonisti ballardiani una spinta al mimetismo come definito da Caillois. Per i personaggi e gli ambienti inseriti nelle storie analizzate vige la necessità di difendersi reciprocamente e non di aprirsi, come invece volevano di urbanisti utopici, producendo un progressivo annullamento dell'ordine ambientale e mentale un tempo auspicato.
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